Un amico della mente:

gli affetti per ricomporre il senso della vita e del sé

Considero l’amicizia la suprema forma di relazione tra due o più persone, perché esse mostrano l’una all’altra la propria fragilità e si chiedono aiuto, sostegno, compagnia per essere più felici e realizzati. È proprio  l’amicizia quindi la base della vita sociale: da una parte fonda, sulla base del riconoscimento dell’universale fragilità umana, la possibilità di costruire relazioni significative e di vivere insieme, invece di vivere da soli; dall’altra l’amicizia nega e sconfessa le regole imposte dalla società individualista e competitiva e insegna invece la solidarietà e la cooperazione ai membri di una società.

È quasi superfluo dire che l’amicizia è fondamentale per lo sviluppo del bambino perché agevola il superamento dell’egocentrismo e alla concezione dell’affetto in forma esclusiva. Da bambini e da adolescenti (ma spesso anche da adulti!) non è raro assistere a legami di amicizia morbosi che conducono a frequenti crisi di gelosia, con il rischio di attaccare e distruggere la relazione stessa di amicizia. Ma non c’è amicizia se non si rispetta il diritto alla reciprocità, all’autonomia e all’accoglienza! L’affetto poi non si divide e non si riduce, ma tanti amici moltiplicano invece la possibilità di amare, condividere, darsi. E tutto questo, attraverso il superamento delle naturali crisi di gelosia, si impara gradualmente.

Propongo l’idea che l’amicizia sia la forma suprema dell’amore. Non per il fatto che esclude la componente sessuale (il sesso non sporca, non rovina, non minaccia, non squalifica i rapporti umani, anzi!); considero l’amicizia la forma superiore di amore tra esseri umani perché tende ad escludere il dominio sull’altro e, per sua stessa sostanza, basa sulla reciprocità e simmetria dei rapporti di forza tra individui. Caratteristiche auspicabili anche nei rapporti d’amore, ma più facilmente realizzabili nei rapporti di amicizia… Che infatti sono relazione privilegiata di tipo quasi fraterno, ma scelta e non imposta da vincoli di consanguineità – relazione che insegna il confronto con la diversità e agevola la separazione dagli affetti della famiglia di origine per scegliere anche l’ingresso nelle più ampie comunità umane. Per libera scelta, non per destino biologico. E così l’uomo nell’amicizia impara a vivere nel campo intersoggettivo e impara a costruire legami solidali e affidabili, per trovare valore nella vita e scegliere giorno per giorno che vale la pena proseguire l’esperienza umana della vita.

Concludo questa breve riflessione inserendo l’amicizia nella sfera ben poco apprezzata e praticata del dono generoso. Come tutte le relazioni gratuite e nobili, l’amicizia non consente utilità o guadagni diretti, se non la personale gratificazione affettiva; perché con generosità si vive per l’altro e con l’altro, solo per essere più felici, per stare dalla parte di un altro per imparare a essere più di se stessi. Si può infatti essere-insieme-nel-mondo condividendo un’idea, un’esperienza, un obiettivo. La relazione si fonda quindi su una base esterna agli amici. Ma gli amici possono comunicare e condividere le loro vite e impastarsi l’uno delle esperienze dell’altro. L’amicizia trova allora il proprio fondamento all’interno delle vite degli amici. E infine si può partecipare allo stesso destino, che non esclude le precedenti, ma le supera nella forma dell’essere-insieme, nel “con-fidarsi” per vivere quasi una vita di due o più vite.

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