Orientarsi con le mappe segrete della propria storia: I traumi e l’EMDR

Il trauma psicologico è una conseguenza di un evento fortemente negativo e minaccioso per la vita di un uomo, una donna o un bambino, un’esperienza non integrabile nel flusso dei ricordi della vita, che genera una “frattura” emotiva. Può essere causato da un singolo evento o da esperienze ripetute e prolungate, anche minime, ma dolorose. Gli eventi traumatici come l’abuso, la violenza, gli incidenti, il bullismo, la tortura, sono comprensibili a tutti nella loro drammaticità e nelle conseguenze psicologiche che possono lasciare. Meno facile da comprendere che esperienze dolorose o stressanti, che possono sembrare insignificanti, quando accumulate nel corso del tempo, possono avere conseguenze significative sul benessere psicologico di chi le ha subite. Anche perché, dopo un’esperienza traumatica, l’uomo, per spirito di auto-conservazione, rimane in uno stato di allerta permanente, come se il pericolo potesse ripresentarsi presto e in modo improvviso. Questo genera, con il passare del tempo, un’orizzonte di attesa dominato da ansia, sospetto, diffidenza, incapacità di gustare il piacere.
I traumi appartengono alla storia personale di ciascuno. Anche se negati, non scompaiono. Grida silenziose continuano interiormente a tormentare tutti coloro che sono prigionieri delle proprie esperienze di sofferenza. Eppure i traumi sono una sorta di mappe segrete che raccontano in modo misterioso la storia individuale di ognuno. Per alleviare il tormento e guarire le ferite dell’anima occorre leggere le mappe dei traumi vissuti e percorrere la strada dell’inferno interiore per uscire dall’ergastolo di dolore al quale la vita un giorno ha condannato.

Per riuscirci è fondamentale la psicoterapia e l’alleanza terapeutica con un professionista bravo, attento e affettuosamente presente… Ovvio! In particolare però esiste una tecnica in psicoterapia, l’ EMDR, che dalla fine degli anni ‘80 è sempre più applicata nei disturbi di origine traumatica.

Mi sono recentemente formata su questa metodologia così diffusa e discussa e ho constatato che l’EMDR è apparentemente semplice ma nei fatti molto complessa: sinteticamente è una metodologia che utilizza una stimolazione cerebrale bilaterale contemporanea per consentire la rievocazione del trauma e soprattutto la desensibilizzazione delle sensazioni e delle emozioni dolorose ad esso legate.

EMDR significa Eye Movement Desensitization and Reprocessing e può essere infatti tradotto come desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari.  Spesso infatti, ma non sempre, lo psicoterapeuta chiede al paziente di muovere gli occhi a destra e a sinistra, mentre viene rievocato e narrato un episodio traumatico insieme alle emozioni o alle sensazioni corporee che lo accompagnano. Il presupposto di base è che i traumi lasciano una traccia mnestica nella mente, associata ad automatiche reazioni somatiche e per questo uno stimolo fisico e una rievocazione verbale, può riattivarla. D’altronde psiche e soma sono un unico sistema: è scontato che a un ricordo doloroso, corrispondano non solo emozioni spiacevoli, ma anche sensazioni corporee fastidiose o sgradevoli.

L’immagine traumatica può ad esempio essere accompagnata da una cognizione negativa per la quale il paziente crede veramente di essere ancora in pericolo o di avere una colpa imperdonabile; può contemporaneamente sentire emozioni intense e disturbanti, come paura o rabbia e addirittura percepire sensazioni fisiche, sudore, tremore, respiro affannato, nausea….

Allora, attraverso una stimolazione bilaterale, con movimenti oculari, oppure toccando ginocchia o piedi, viene favorita una focalizzazione doppia, per essere nel passato e anche nel presente, per produrre una desensibilizzazione del ricordo, seduta dopo seduta sempre meno disturbante. Per rendere meno terrorizzante il ricordo traumatico, il paziente deve ovviamente prima stabilire un rapporto di autentica stima e fiducia con il proprio terapeuta, in una relazione solida e sicura.

Molti studi scientifici confermano l’efficacia dell’EMDR, anche se gli scettici e i detrattori in  campo psicologico e psichiatrico non mancano. Faccio però qualche riflessione sulla base dei miei studi e della mia pratica clinica: le basi neurologiche su cui agisce la terapia EMDR ancora non si conoscono, ma ci sono ipotesi interessanti e affascinanti. Sappiamo per certo che, durante la fase REM del sonno, (che si chiama così proprio per acronimo di Rapid Eye Movement) gli occhi si muovono molto rapidamente sotto le palpebre chiuse e che solo in questa strana e ultima fase del nostro ciclo del sonno  avvengono i sogni! E i sogni potrebbero essere fondamentali nella vita umana per il processamento e l’integrazione degli accadimenti nella fase di veglia: frammenti di vita reale o immaginata, parti di passato o aspettative fantasiose di futuro, ricomposti continuamente in una sorta di puzzle onirico. Se questo fosse vero, o anche parzialmente vero, le stimolazioni bilaterali dell’Emdr, con gli occhi o con il tocco, favorirebbero la connessione tra i due emisferi cerebrali, aiutando il recupero delle memorie affettive e somatiche dell’episodio traumatico e facilitandone una nuova narrazione ed elaborazione. Funzione simile a quella naturale dei sogni.

Aggiungo un’altra affascinante chiave di lettura della metodologia EMDR. Marco Pagani, neurofisiologo del CNR,  ha utilizzato elettroencefalogramma, risonanza magnetica funzionale e PET mostrando come una stimolazione bilaterale generi nel cervello le onde delta, tipiche nello stato di sonno. L’ipotesi è che la desensibilizzazione del trauma e la sua integrazione della memoria risulterebbero favorite proprio da queste onde che agevolano le modificazioni neuronali nel circuito amigdala-ippocampo-corteccia orbito frontale. In pratica, i ricordi passerebbero dal sistema limbico alla corteccia, diventando meno disturbanti. Senza entrare in tecnicismi troppo complicati, la stimolazione bilaterale alternata sarebbe capace di consentire modifiche all’informazione negativa fissata nelle reti neurali dell’amigdala (la parte del sistema limbico del cervello, archivio della nostra memoria emozionale) al momento del trauma. La formazione di nuove reti neurali in altre parti del cervello sarebbero così in grado di inibire l’attività dell’amigdala. In particolare nuovi schemi di processamento dell’esperienza traumatica coinvolgerebbero i neuroni della corteccia orbito frontale che ha la funzione di dare equilibrio e modulare i cambiamenti corporei associati alle emozioni.

Mi fermo qui. Da diversi orientamenti teorici, soprattutto dal cognitivismo, vengono altre possibili spiegazioni che danno ragione all’efficacia di questa tecnica. Non va dimenticato poi che, in una fase specifica dell’EMDR, al paziente viene chiesto di abbandonarsi a libere associazioni, come avviene storicamente in psicoanalisi, o anche che nell’EMDR si insiste sull’adattamento della tecnica ai tempi e ai bisogni di ogni paziente, come avviene nella terapia “centrata sul cliente”, come l’approccio rogersiano. E infine focalizzando il paziente in modo “mindful” (perfettamente consapevole nello stato presente) su immagini disturbanti, egli impegni una quantità notevole di risorse attentive così che di queste resti una quantità ridotta o insufficiente per vivere ancora reazioni emotive negative rispetto a quegli stessi contenuti. L’EMDR per questo aspetto potrebbe assomigliare un po’ anche al atteggiamento insegnato dalla mindfullness..

In conclusione, l’elemento decisivo e fondamentale: pur senza sapere ancora esattamente come, l’EMDR è consente la riattivazione delle memorie episodiche traumatiche, che faticano ad essere elaborate e collocate nel passato, facendo rivivere al paziente il trauma in un ambiente sicuro e insieme al terapeuta, con il corrispettivo attivarsi allarmato del corpo, con tutti i sintomi associati al ricordo, sudorazione, tachicardia, ansia forte che cresce, senso di vuoto ecc. Questa esperienza di rivivere il ricordo e la forte riattivazione sul piano somatico, aiuta ad elaborare le memorie, a collocarle in un passato non intrusivo e a scollegare da esse le sensazioni somatiche spiacevoli.

I ricordi non si cancellano, si rinarrano e si ricomprendono. Cancellare dalla mente ciò che fa male non è conquista, ma è un dramma: Non si vive senza memoria, non si vive senza storia, perché si perde l’identità personale che è impastata di tutte le esperienze vissute. Tutte.

Ma i fantasmi devono essere trasformati in antenati!

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