Il Natale ovvero la tristezza della felicità

Alcune persone, proprio nei giorni delle feste di Natale, percepiscono una sorta di malinconica tristezza, altri sentono una vera e propria ansia, alcuni angoscia, altri ancora rabbia. L’atteggiamento irriverente nei confronti del Natale è stato poi perfettamente rappresentato del personaggio del Grinch, il personaggio letterario e cinematografico, misantropo, scontroso, solitario e irascibile, che odia il periodo natalizio e cerca di boicottare e distruggere i festeggiamenti altrui.

Nella gioia del Natale cova infatti anche l’insidia di una felicità obbligatoria: la gioia indotta e contagiosa di un mondo buono e pacificato che mette forzatamente all’angolo problemi e contraddizioni consuete, può apparire agli occhi di alcuni terribilmente ipocrita e generare quindi una sorta di repulsione. E come conseguenza può addirittura subentrare un paradossale senso di colpa per la tristezza e la rabbia che si provano che sono però in palese e ostinata contrarietà rispetto ai sentimenti di felicità dominanti. Indossare la maschera della bontà, consegnare regali anche a chi si detesta con forzato sorriso, fare auguri di bene a chi si è augurato silenziosamente il male: le feste, rischiano di diventare un’insopportabile sagra della finzione.

Questo succede soprattutto a chi vive conflittualità con la propria famiglia, a chi non ha più la famiglia o a chi ha subito lutti, a chi è lontano o ha persone care lontane da sé. L’obbligatorietà di stare con la famiglia per Natale o la voglia di stare con la propria famiglia, pur non potendolo fare, diventa un peso interiore fastidioso da portare, perché riporta alla ribalta interiore i problemi relazionali, la responsabilità propria o altrui di averli generati o causati, l’impotenza di cambiare le cose. E come meccanismo di difesa si disprezza il Natale tout court, senza distinzioni

Chi ha avuto un’infanzia difficile associa al Natale ricordi di tristezza e solitudine; alle persone sole e ai separati il Natale ricorda una famiglia perduta o rimpianta; a chi soffre o ha difficoltà il Natale porta terribili bilanci con ruminazioni mentali piene di insuccessi, fallimenti, frustrazioni. Diventa macroscopico e stridente il contrasto tra le luci e la festa intorno e l’intollerabile tristezza interiore, che aumenta a causa del dovere di fingere per non deludere chi all’esterno pretende allegria. La festività diventa così un nemico che obbliga, uno specchio deformante che riflette la condizione psicologica e la aggrava, evidenziando mostri e turbamenti dell’animo che la frenetica attività dei giorni consueti aveva prima sopito.

Eppure una riflessione è possibile: la colpa non è del Natale! I problemi di tutti e tutti i problemi prescindono dalle feste, che a volte tendono solo a accrescere difficoltà che già ci sono o a presentarle forzatamente agli occhi di chi non le vuole guardare e le affoga invece nell’iperattivismo degli altri giorni dell’anno. Occuparsi di se stessi e del proprio disagio è importante oltre che utile. Non si può ignorare il proprio malessere per tutto l’anno, scansandolo con gli impegni, per poi crogiolarsi nella malinconia nei pochi giorni di riposo. Non si può dedicare a se stessi la fine dell’anno e coltivare lo stesso vuoto che si desidera colmare per tutti i restanti giorni!

L’immagine del presepe suggerisce una conclusione: ognuno ha una grotta dentro di sé, ma non per ritirarsi e chiudersi ogni tanto e forzatamente alla ricerca del buio, ma per imparare a rispettare il luogo delicato e silenzioso della propria intimità, che deve essere visitata e accudita costantemente.

Leave a Reply