Fermarsi alla paura per fuggire dall’angoscia

C’è una logica asimmetria fra paure e pericoli. E c’è una differenza tra la paura, che ci aiuta a evitare i pericoli reali, essendo cauti e prudenti nei comportamenti, e l’angoscia, che ci immobilizza di fronte a minacce poco reali e troppo esasperate dalle nostre fantasie. Molti di noi durante una tempesta hanno paura dei fulmini, ma c’è molte volte una sproporzione fra questa paura, spesso fortissima, e il pericolo oggettivo, in realtà molto ridotto, di essere effettivamente colpiti da una saetta.

Oggi in particolare ci preoccupiamo per eventi o fenomeni che possono capitare con scarsa probabilità e ci esponiamo invece a gravi pericoli con un candore e un’inconsapevolezza disarmante. Abbiamo paura di volare, ma guidiamo ad alta velocità, usiamo il cellulare alla guida e ci incolliamo all’auto che ci sta davanti senza rispettare la distanza di sicurezza per incalzarla con la nostra fretta. Temiamo le conseguenze di farmaci e vaccini, ma fumiamo sigarette o facciamo con leggerezza uso di sostanze psicotrope, ecc. ecc.

Queste contraddizioni evidenti derivano dal fatto che, se ci esponiamo a un rischio in modo volontario, esso ci sembra più basso e governabile, ma se ci viene imposto da altri, senza che sia nella nostra possibilità di controllo, come nel caso di pericolo di contagio a causa della pandemia da Covid-19, questo rischio lo viviamo con molta maggiore intensità.

Pur sapendo che ogni anno l’influenza miete circa seimila vittime, per cause dirette o indirette, nessuno si è mai molto preoccupato e nessuno, o quasi, ha limitato la sua normale vita relazionale a causa della paura. Ma la possibilità, per quanto piuttosto bassa, di entrare in contatto con un virus invisibile e misterioso, continuamente evocato come uno spettro dai mass media e dalle chiacchiere quotidiane, sollecita un’angoscia vera e propria, sproporzionata rispetto alla reale minaccia e paralizzante per la vita di molti. Soprattutto in questo ultimissimo periodo, in cui, con la riapertura delle scuole, sentiamo che il contagio si avvicina, che sfiora persone conosciute, che promette prossime e sicure quarantene; lo spettro invisibile si avvicina sempre di più, minaccia i nostri figli, alberga dentro le scuole che abbiamo invece sempre considerato luoghi di sicurezza, sgomenta le nostre esistenze e ci induce a cambiarle.

La cautela diventa terrore e ritiro! L’altro, che precedentemente era amico, confidente e conforto sicuro, diventa esso stesso minaccia e il nostro mondo relazionale rovescia i suoi significati rendendo rischio colui che prima era risorsa e fonte di paura il volto che prima donava conforto. I figli, i nipoti, i parenti, oltre che gli amici, prima ragione stessa di vita si trasformano in occasioni di contagio, portatori di possibile morte non più motivo di amorevole vita.

E qui servirebbe un po’ di coraggio, dote del carattere, ma anche dell’intelligenza, che consiste, tra l’atro, nella capacità di entrare in un rapporto razionale ed equilibrato con il pericolo. Non si tratta solo di avere l’atteggiamento positivo e audace e quindi di affrontare attivamente i problemi cercando soluzioni immediate, non si tratta solo di avere ardore e prontezza per piegare una realtà avversa e renderla conforme alla nostra volontà e alle nostre intenzioni. Parlo di coraggio inteso anche come capacità negativa e riflessiva, dimensione quindi dell’attendere e del non-fare, non del fare, per riuscire fermarsi e a stare nell’incertezza e nel dubbio senza impazienza. Accettando l’incertezza, l’errore, il dubbio è possibile conoscere meglio se stessi e la realtà con più profondità, cogliere le sfumature e i dettagli nuovi, farsi e fare domande, quindi conoscere di più. E molto dopo, e solo eventualmente, essere capaci di risolvere i problemi e farlo concretamente

Questo è il periodo di stare nella paura, di fermarsi e non agire in modo compulsivo. È il tempo della riflessione razionale, non dell’azione brusca e impulsiva. È il tempo di preparare la scelta pensando, non di farsi scegliere senza pensare.

Con pazienza dobbiamo rimanere nella paura per affrontare la vita accettandone l’ignoto e la complessità. La paura che dobbiamo cominciare ad abitare, senza farci abitare dal terrore, ci aiuta a continuare a vivere, ad affrontare il rischio prendendo tutte le precauzioni sensate. L’angoscia generata dal terrore irrazionale ci induce a smettere di vivere o a vivere troppo meno, prendendo precauzioni eccessive e insensate, rinunciando agli incontri alle occasioni e alle relazioni per un bisogno immaturo e pericoloso di governare l’ingovernabile, cioè l’incertezza. Tanti hanno rinunciato a gran parte della loro vita per paura della malattia e della morte, tanti hanno scelto un forzato ed eccessivo ritiro dalle relazioni cercando conforto e sicurezza nella solitudine, tanti hanno ridotto la loro vita relazionale e sociale e si sono ritrovati più soli e più tristi, tanti conducono la loro giornata accompagnati da paranoie, sospetti. Terrori che li rendono più diffidenti e più infelici.

La paura è uno strumento di lavoro per cambiare le cose, induce alla cautela e alla riflessione; l’angoscia una forza incontrollabile e distruttrice, che costringe all’azione immediata e irrazionale. L’angoscia è una patologia, la paura uno strumento dell’intelligenza per affrontare i pericoli e sconfiggerli.

Impegniamoci ad essere cauti, coltivando una giusta paura commisurata al pericolo di oggi, per salvaguardare la nostra salute e la salute altrui. Ma impegniamoci a non farci sovrastare dall’angoscia e continuiamo a scegliere la vita. E la vita è soprattutto relazione! E allora: non smettiamo di vivere per la paura di morire!

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