Indifferenti e disumani
L’indifferenza sociale è un fenomeno allarmante e sempre più diffuso: le immagini di Alika a Civitanova Marche, massacrato di botte senza che nessuno fosse in grado di intervenire, ce lo hanno drammaticamente ricordato. Ognuno tende sempre più a vivere pensieri, emozioni e comportamenti nella propria zona di sicurezza, e ciò consente di ripetere routine quotidiane, ignorando chi sta vicino per non essere disturbato e infastidito, per poter proseguire come previsto la giornata e per poter trascurare tutto ciò che non corrisponde alla propria visione del mondo.
L’indifferenza è però un pericolo concreto, perché rende l’altro anonimo, al punto tale da spersonalizzarlo, riducendolo a mero oggetto, tra altri insignificanti oggetti. L’odio è un sentimento paradossalmente migliore: attraverso l’odio almeno l’altro esiste come persona, come persona da offendere o annientare, ma almeno come persona! La freddezza ostentata e l’indifferenza praticata fanno più male dell’avversione e dell’odio palesemente dichiarati, perché l’indifferenza non ha ragioni, non è spiegabile e quindi sgomenta e impaurisce di più. In realtà, non c’è nulla di più sconcertante e dannoso che percepire un immotivato o inspiegabile vuoto emotivo.
Chi subisce l’indifferenza sociale si sente trasparente, invisibile agli occhi degli altri, come il bambino invisibile escluso dai suoi compagni nell’antico e terribile gioco che ogni tanto i più piccoli fanno ancora tra loro, ignorando ed escludendo volontariamente un compagno, facendo finta che non esista più. Il bambino vittima del gioco, si sente immotivatamente nullificato e ne soffre, anche perché non sa darsi spiegazione dell’esclusione che subisce per burla. Il gioco tra bambini però dura poco; ma è proprio questo che avviene anche nelle comunità umane, stavolta su larga scala, senza che il gioco abbia termine, con cinismo e crudeltà di cui i bambini non sono ancora capaci!. L’indifferenza colpisce perché distrugge il modo di comprendere il mondo e le relazioni sociali, generando incertezza e angoscia
Questa insicurezza è causata dall’incapacità di poter leggere le intenzioni dell’altro e prevederle, semplicemente perché l’altro indifferente ha intenzioni, ignora e basta! Le relazioni sono come raffinati movimenti di danza, che si regolano sulle risposte e i movimenti che provengono dagli altri. Se gli altri non si muovono, è impossibile muoversi intenzionalmente a propria volta, se gli altri vivono senza intenzioni è difficile vivere con intenzione e l’esistenza diventa assurda e vuota. Inoltre c’è un comprensibile danno all’autostima: in assenza di una qualsiasi risposta, si fa strada in chiunque la convinzione di valere “troppo poco” per generare pensieri, preoccupazioni o anche solo una reazione vera e intensa negli altri. Quando la sensazione si rafforza nella ripetizione dei giorni dei mesi o degli anni, l’autostima viene annichilita e diviene anonima. E c’è poi l’ansia: essere indotti a cercare continuamente delle risposte per essere visti, notati, per esistere agli occhi degli altri, può essere molto stressante. E infine è inevitabile constatare la solitudine di tanti, che abitano un mondo sempre più frequentato da corpi che si ostacolano e da anime che si ignorano e si evitano.
Ignavi che non vogliono essere infastiditi, pieni di accidia e quindi inerti, disinteressati, indifferenti verso ogni forma di azione ed iniziativa, vili che girano per le strade con sospetto e diffidenza, pronti a cercare opportunità personale e a scansare le difficoltà altrui: questi sono gli abitanti delle nostre città! E nessuno è infastidito neanche dai sensi di colpa, perché l’altro è stato nullificato, semplicemente non esiste, in nome dell’egoismo sociale che è stato insegnato a tutti e che molti hanno imparato a perfezione.
L’unica possibilità è predicare e testimoniare ancora il valore della comunità, il valore che non deriva solo dalla definizione e dalla coltivazione dell’identità personale, ma anche di quella collettiva: sentirsi parte attiva del corpo sociale che definisce, gratifica e dona senso, tanto quanto è possibile trovarlo in se stessi, anzi forse di più! La costruzione della propria umanità parte infatti dalla definizione dei confini dell’identità individuale ma arriva alla costruzione di legami che costituiscono l’identità sociale. Non avere identità sociale e non riconoscersi nell’altro vuol dire allora essere dis-umani, uomini, non completamente formati nella propria identità. La ferita dell’altro, la sconfitta dell’altro, la minaccia all’altro, il bisogno dell’altro, cominciano allora a riguardare direttamente tutti, perché l’identità non è più solo riducibile a quella individuale e incompleta, ma ognuno cresce anche nella sua identità sociale, per capire che i destini di tutti sono collegati e che non si può essere realmente felici e realizzati a discapito degli altri: dal benessere sociale e solo da esso può discendere anche il benessere individuale! Perché gli altri non devono essere tollerati o ammessi nei nostri confini, anche identitari: gli altri ci costituiscono, sono parte della nostra identità, quella sociale,
La compassione, sentire cioè la sofferenza dell’altro come se fosse propria, è un’emozione instabile. È necessario agirla e coltivarla, altrimenti appassisce. La società delle apparenze e la mercificazione di ogni aspetto della vita hanno quasi anestetizzato lo spirito critico. Il consumismo, che aveva già trasformato l’individuo in consumatore, cambiando il fine ultimo della sua esistenza da “essere” ad “avere”, ha condotto a un’omologazione ancora più devastante, che ha mutato la coscienza più profonda di ognuno non più solo i comportamenti. L’imperativo si è infatti ulteriormente modificato, da “avere” a “mostrare”. E gli altri che prima erano ridotti a oggetti, ora anche indistinto pubblico! La catastrofe sembra avvenuta, ma la resistenza sia un esercizio quotidiano, necessario per recuperare quella capacità di lottare, comprendere e trasformare un mondo sempre più indifferente e quindi disumano, privo della vera umanità in un mondo nuovamente umano in cui gli uomini sappiano crescere la loro identità che è individuale e sociale insieme.
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