Intima LiberAzione sociale

Sesso, potere e repressione: molti anni fa il sesso è stato il grimaldello per aprire i meccanismi autoritari del potere con una gioiosa liberazione dei costumi; oggi sembra invece essere uno dei mezzi con cui il potere riproduce i meccanismi della sua repressione. È paradossale; dal momento che il sesso, in tutte le sue manifestazioni e ostentazioni non è più oggetto di censura, ma addirittura è proposto e imposto in ogni angolo della vita pubblica e sociale, «è la repressione stessa ad essere repressa», e in tal modo «la società ha esteso non la libertà individuale, ma il proprio controllo sull’individuo», secondo le parole tristemente profetiche di Herbert Marcuse. Il desiderio sembra ormai svuotato della sua progressiva tensione verso l’altro, coincidendo invece con l’obbligo a possedere e consumare velocemente l’altro, usato come mero strumento di divertimento immediato, creando nuove forme di asservimento e una libertà solo illusoria.

L’uomo contemporaneo fa sempre più fatica a desiderare. Molti pensano che la società di oggi sia edonista, ma il nostro tempo non è affatto il tempo della liberazione del desiderio. Al contrario, è il “tempo dell’eclissi del desiderio”, per usare una bella e sintetica espressione di Massimo Recalcati. E per la psicoanalisi il soggetto è da sempre il luogo dove alberga il desiderio, soprattutto nella sua parte interiore più intima: l’inconscio; ora sembra proprio che il desiderio, libero e trasgressivo, sia stato sostituito dal principio di prestazione, una sorta di obbligo a concupire e possedere velocemente.

La legge fondamentale che governa la nostra società induce infatti a desiderare, desiderare perennemente beni, ma anche desiderare persone, che, come i beni, sono ridotti semplicemente a oggetti di un piacere immediato a rapido consumo. Questa legge è perversa, se con “perversione” intendiamo un concetto psicologico e non morale, cioè che non riguarda quello che avviene nella camera da letto o i diversi orientamenti della sessualità o le sue molteplici e fantasiose pratiche. Perversione, in senso psicologico, è infatti proprio un godimento che diventa obbligo. Quando il godimento diventa dovere, obbligo, allora l’imperativo superiore uccide il desiderio e ciò crea perversione, che è coazione a ripetere .

La deriva dei consumi ha condotto alla riduzione dei corpi a merce e all’uso del corpo altrui per soddisfare un piacere immediato e indotto. Il sistema economico e sociale del capitalismo sembra reggersi sulla elevazione del godimento a dovere, secondo lo slogan “devi godere, devi divertirti!”. I rischi sono due, e conducono a drammatiche conseguenze: vivere una continua ansia, nella paura di non riuscire a godere di tutti i divertimenti che ci sono proposti e di non riuscire a realizzare tutte le performance che la spinta sociale ci induce; e poi estromettere definitivamente l’amore dal sesso, riducendo la continua tensione erotica verso l’altro in una proprietà dell’altro che soddisfa superficialmente uccidendo ogni ulteriore volontà di relazione.

Proprio nel giorno della Liberazione ha senso riprendere una riflessione di Pasolini sul Corriere della sera del 9 Dicembre 1973 e constatare con amarezza che è vero che le dittature hanno mostruosamente indotto gli uomini a rendersi sudditi e ne hanno mutato i comportamenti; ma alla fine di queste drammatiche vicende storiche, gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo sono tornati ad essere ciò che erano, perché i modelli fascisti erano modelli da mettere e levare come una maschera. Le nuove frontiere del Capitalismo invece impongono un modello culturale unico che “non si accontenta più di un «uomo che consuma», ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo”. E così non ha cambiato solo i comportamenti di tutti gli uomini, ma pretende di cambiarne le coscienze, operando una vera e propria “mutazione antropologica”, arrivando anche ad invadere e controllare la parte più intima di ciascuno, quella della sessualità e del desiderio.

Il potere sembra aver così realizzato l’integrazione capillare di ogni tipo di contestazione nel sistema stesso del potere. Una plasmazione che cerca di disinnescare ogni tipo di antagonismo, che annulla la dimensione sovversiva nel modo più utile e paradossale: integrandola cioè in un conformismo assoluto. L’amara constatazione è che questo sistema economico è talmente potente e pervasivo che sa neutralizzare l’elemento sovversivo proprio perché lo ingloba progressivamente e alla fine lo rende moda! È accaduto con la protesta giovanile dei capelli lunghi, con la trasgressione dei tatuaggi e dei piercing, con le contestazioni vissute attraverso l’uso di vestiti sempre più bizzarri e provocatori; accade con la sessualità continuamente ostentata e praticata.

Abbiamo di fronte agli occhi un’illusione che non ha limiti (e invece i limiti sono propriamente umani e utilmente pedagogici) e il rischio della fine dell’amore, la forma principale di legame per una comunità; il consumo non prevede l’amore e non crea legami, ma s-legami, non invitando alla relazione ma all’uso cinico dell’altro. E allora è necessaria una LiberAzione, cioè una libera coscienza da ogni bisogno e da ogni induzione, che possa scegliere e scegliere di amare. Perché l’amore non è possesso, l’altro non è territorio di conquista, il desiderio non è soddisfazione immediata del proprio piacere e l’azione umana è libera se esiste una vera alternativa in una vera scelta!

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