Trattando l’ombre come cosa salda: Psicoterapia in presenza o psicoterapia online?
La storia della psicoanalisi nasce in presenza. Con una battuta si potrebbe esemplificare l’importanza della presenza fisica per le origini della psicoanalisi: Anna O. può dirsi gravida (seppure in maniera isterica) del dottor Breuer – il medico amico e collaboratore di Freud che lo aiutò molto con questo suo caso per la scoperta della psicoanalisi – proprio perché Breuer e Anna O. sono stati insieme in uno studio di analisi! Una gravidanza a distanza (seppure isterica) sarebbe stata molta impossibile e comunque molto meno credibile! E dal dolore e dalle nevrosi di Anna O., il cui caso fu conosciuto e studiato in seguito anche da Freud, nacque la psicoanalisi…
Eppure oggi spesso le psicoterapie vengono condotte anche online, a volte interamente online… Si tratta della stessa terapia o qualcosa cambia? È meglio in presenza? O peggio, perché è più scomodo per il paziente e forse anche per il terapeuta?
Non è possibile rispondere in modo esauriente domande così complesse, ma vale la pena fare qualche riflessione. Intanto evito i giudizi di merito, rimanendo legata a quelli di fatto: ciascuno può giudicare come vuole, ma è inoppugnabile che molte terapie funzionano a distanza tanto quanto in presenza.
Prima di svolgere la mia riflessione faccio due premesse.
Premessa maggiore: dobbiamo realizzare un’ingenuità di visione. Quando un problema è tanto appesantito di esperienza che i suoi contorni sono diventati confusi e le sue possibili soluzioni oscure, è il momento di tornare sul problema stesso, liberi dal carico del passato. La capacità dello psicoterapeuta deve essere quella di conservare la sostanza della sua formazione e della sua esperienza, e tuttavia raggiungere una visione ingenua del suo lavoro, che gli permetta di scoprire da sé, e a modo suo, le verità scoperte dai suoi predecessori.
Proprio in questo periodo è necessario adottare una posizione paradossale che è quella dell’abitare il transitorio, rinunciando allo sguardo nostalgico del passato o alle trepidante attesa di come sarà il futuro, proiettati così solo verso un ritorno alla ´normalità dai tratti non ancora ben definiti.
I lodatori del passato, i celebratori della tradizione e dei sacri testi della psicoanalisi fanno tra l’altro un’operazione antieconomica, cioè quella di restare abbarbicati difensivamente a una visione del mondo non calibrata con la complessità socioculturale a cui dovrebbe far riferimento: questo non ha a che vedere con la fedeltà, ma solo con il legame acritico e fideistico dell’ortodossia.
Separarci dalle nostre certezze teoriche e cliniche comporta vissuti di sofferenza e confusione, anche di inadeguatezza, ma dobbiamo evitare di vivere in spazi contigui a quelli della storia e della vita, che non sono realtà e vita, invece di vivere con pienezza la concretezza e il momento presente. Come accade nel film The terminal in cui Tom Hanks elegge come domicilio una porzione dell’aeroporto, dobbiamo far sfumare il senso di transitorietà che ci offre il drammatico presente dell’emergenza di oggi, abitarlo ed eleggere il presente a campo principale dei nostri interessi e delle nostre azioni.
Premessa minore: Secondo un approccio ormai consolidato, l’unica sede dei processi mentali rimane il sistema nervoso che pertanto costituisce un confine invalicabile per qualsiasi attività propriamente psichica dell’essere umano. Negli ultimi decenni però si sta affermando un modello della mente estesa che, pur riconoscendo il fondamento biologico del pensiero che nasce nel chiuso ambito del cervello, sostiene che in certi casi i processi mentali oltrepasserebbero i confini cerebrali per estendersi nell’ambiente fisico e sociale nel quale l’organismo si trova immerso: a certe condizioni la mente è costituita da un sistema che comprende cervello e mondo esterno, persone, oggetti e relazioni, che funzionano in sinergia.
Se si accetta tale prospettiva, diventa possibile ammettere che alcuni eventi extra-cerebrali siano così determinanti nel caratterizzare i nostri pensieri, da poter essere inclusi in un sistema complessivo con funzioni cognitive, pur senza dimenticare l’importanza del sistema nervoso centrale, ma ampliandolo nel coinvolgimento con il mondo. Già Bateson negli anni ’60 nel suo testo “verso un’ecologia della mente” sosteneva che la mente può essere considerata come un processo ecologico simile a quello attivato da un individuo che sta abbattendo un albero con un’ascia e che quindi deve correggere ogni colpo a seconda dell’intaccatura lasciata dal colpo precedente. Il complesso “albero-occhi-cervello-muscoli ascia-colpo-albero” si configura come un sistema totale che ha le stesse caratteristiche del processo mentale. Il processo mentale, il pensiero dunque nasce nel cervello ma abbraccia e comprende il mondo!
La psicologia freudiana ha dilatato il concetto di mente verso l’interno, fino a includervi i processi inconsci. Ora le scienze dure e la psicologia dilatano la mente verso l’esterno.
Prima conseguenza: I luoghi sono luoghi dell’anima e, per dirla in modo meno poetico, appartengono a pieno titolo al pensiero che li comprende: le persone, le relazioni, i luoghi, gli oggetti fanno quindi parte della mente di ciascuno e, gli oggetti, gli odori, gli spazi dello studio dello psicoterapeuta fanno parte della mente condivisa della relazione terapeuta – paziente! Di conseguenza: on line è diverso! Non meglio o peggio, ma diverso!
La mancata compresenza fisica modifica quindi l’esperienza terapeutica. Lo studio è luogo intriso dell’anima professionale dell’analista, dove il paziente entra per abitare temporaneamente ma dove si co-costruiscono pensieri condivisi di menti che si incontrano e che formano un Noi dove prima c’era solo un Io e un Tu.
Seconda conseguenza: Manca poi il viaggio, il percorso e il tempo per raggiungere lo studio dell’analista e il protocollo di procedure e spazi intermedi utili per prepararsi ad entrare in quello studio. Un viaggio di uscita dal proprio mondo, dove è consegnata una parte della propria anima, spesso sofferente, per entrare in un altro mondo dove c’è un frammento dell’anima dell’analista che si intreccia con quella del paziente, attraversando tempi e spazi di transizione, accompagnati dai pensieri e dalle azioni di questo passaggio. Spesso una seduta comincia proprio durante il dialogo interiore del paziente che attraversa i luoghi che lo porteranno in terapia, meditando e scandendo la propria meditazione attraverso i luoghi progressivi che incontra avvicinandosi allo studio del terapeuta.
In una terapia online che fine ha fatto quello spazio condiviso, quella casa comune e familiare che era stato fino a quel momento lo studio (percorso di andata e ritorno incluso)? Lo spazio si è duplicato nella terapia online dove ci sono due luoghi separati, visibili dal paziente e dal terapeuta che li guardano e si guardano reciprocamente attraverso il monitor: l’immagine di parte dello studio o della casa dell’analista e l’immagine di parte della casa o del luogo occupato dal paziente. Alibi et nunc: essere visti in un proprio altrove, accogliere il terapeuta reale nella propria casa, seppur attraverso uno schermo, mostrarsi a lui, mostrargli il proprio ambiente, diversamente guardarlo, diversamente guardarlo che guarda, diversamente guardare il suo ambiente, diversamente sentirlo e ascoltarlo… E tutto questo avviene con un click, senza il trascorrere dei luoghi e dei tempi, senza viaggio; in un attimo!
Ma oltre a ciò, il terapeuta e il paziente si osservano in questa situazione, perché nonostante si possa girare lo schermo e spengere la telecamera, c’è una piccola finestrella nel video che rimanda la propria immagine: una percezione diversa dall’Io osservante alla quale non siamo forse così abituati; e anche questo credo implichi differenze profonde.
Conclusione: Eppure le immagini, comprese quelle di uno schermo del computer o del cellulare, sono capaci di provocare grandi emozioni e di mantenere le relazioni. Sono più di cento anni che il cinema è capace di indignare, commuovere, far innamorare e provocare rabbia negli spettatori. Le immagini sono potenti come la realtà concreta e mantengono vive le relazioni e le emozioni sottese alle relazioni. E quindi, anche attraverso corpi proiettati su display, le psicoterapie sono sempre possibili e sono sempre efficaci. Le immagini, anche quelle su un display prendono saldezza grazie alla relazione che le sostiene e le rende altrettanto reali della realtà concreta. C’è la relazione: allora la psicoterapia è ugualmente possibile e ugualmente efficace. Perché è la relazione che cura! E allora è necessario trattare anche “le ombre come cosa salda” Purg. XXV, 136, perché sono rese concrete e vive dall’affetto del reciproco riconoscimento.
E allora conviene continuare a riflettere sulla terapia online, non considerarla con pregiudizio e non sperare che sia figlia di un’emergenza che sta per finire: non deve essere smantellata, come gli ospedali da campo alla fine di un’emergenza, perché è e sarà molto utile ancora; allo stesso tempo non deve diventare automaticamente l’unica nuova realtà terapeutica, ma una possibile scelta. D’altronde libertà spesso vuol dire avere più di una possibile scelta!
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